La Confederazione
La Confederazione
La Confederazione Generale Italiana del Lavoro è un’associazione di rappresentanza dei lavoratori e del lavoro. È la più antica organizzazione sindacale italiana ed è anche la maggiormente rappresentativa, con i suoi circa 6 milioni di iscritti (quando è nata nel 1906 aveva duecentomila aderenti), tra lavoratori, pensionati e giovani che entrano nel mondo del lavoro. Le categorie nazionali sono 13, mentre le Camere del lavoro in tutto il territorio nazionale sono 134. La sua storia è profondamente intrecciata alla storia del Paese: stipula, attraverso le organizzazioni di categoria, i contratti di lavoro e svolge allo stesso tempo un’azione di tutela, finalizzata a difendere, affermare e conquistare diritti individuali e collettivi, che vanno dai sistemi di welfare ai diritti sul posto di lavoro. L’attuale segretario generale è Maurizio Landini.
La Storia della Cgil Asti
Storia della Camera del lavoro dalla ricostruzione al “dopoguerra”
Il fascismo e la guerra
Verso la metà degli anni Trenta, quando l’Italia è ormai diventata un paese industriale, l’Astigiano è
ancora una realtà prevalentemente agricola. Gli addetti all’agricoltura, di età superiore ai 10 anni, sono
nel 1936 in tutta la provincia, il 68,6% della popolazione attiva; il 15,8% e il 15,6% risultano impiegati
rispettivamente nell’industria e nel terziario.
La fisionomia delle campagne è caratterizzata da un’elevata frammentazione fondiaria; solo nel Comune
capoluogo la popolazione industriale sfiora il 36%.
Scoppiata la seconda guerra mondiale, le condizioni di vita divengono miserevoli.
Asti viene bombardata a partire dal Luglio 1944 ed alla fame si aggiungono l’insicurezza e la paura.
Così maturano le prime proteste operaie.
All’inizio del ’43 un centinaio di lavoratori della fabbrica metalmeccanica Way Assauto protesta presso
la sede dei sindacati fascisti. Tra il 9 e il 10 marzo dello stesso anno alcuni stabilimenti cominciano a
fermarsi: Way Assauto, Tribuzio, Saffa, Maina e Vetreria.
La lotta paga: le richieste operaie di aumenti salariali vengono, in buona parte, accolte, determinando così
il rientro delle agitazioni.La ricostruzione della Camera del Lavoro
All’indomani della caduta del fascismo si stabilisce di dar vita alle Commissioni Interne, che erano state
abolite nel 1925.
Grandi manifestazioni di esultanza degli operai salutano ad Asti l’armistizio dell’8 Settembre 1943.
Il Partito Comunista Italiano (PCI) è tra i partiti antifascisti l’organizzazione più strutturata e comincia
subito a sviluppare organismi cittadini di resistenza alle forze di occupazione tedesche.
Ma è solo con il marzo 1944 che s’innesca una serie di agitazioni che porterà, quasi senza soluzione di
continuità, all’insurrezione dell’aprile 1945.
Scioperano prima la Waja poi la Vetreria e le Ferriere Ercole a difesa delle fabbriche, contro il rischio del
trasferimento in Germania di tecnologie e macchinari.
A guidare le lotte sono i “Comitati di agitazione”, ormai funzionanti o in costituzione in tutti i maggiori
stabilimenti industriali.
I partigiani, insieme ai “Comitati di agitazione”, fanno appello allo sciopero insurrezionale.
“La fase conclusiva della lotta di liberazione – ha scritto Claudio Dellavalle – è profondamente segnata
nel Nord e in particolare in Piemonte dalla presenza e dalla partecipazione operaia. Confluiscono in
questo passaggio le esperienze accumulate in due anni di lotte”.
Nel dopoguerra tutto appare distrutto e da ricostruire, c’è fame e disoccupazione, l’inflazione è alta e le
condizioni sociali sono complessivamente arretrate.
In questa drammatica situazione risorge, l’8 maggio 1945, la CGIL.
In linea con lo spirito del Patto di Roma, è retta pariteticamente da tre segretari, rappresentanti dei partiti
maggioritari: Secondo Amerio, comunista, Guido Crestani, socialista e Aldo Ginella, (che sarà sostituito,
nelle settimane successive, da Carlo Saglietti), democristiano. Il Comitato esecutivo, che si riunisce per la
prima volta il 2 giugno, è composto da Giovanni Ballario, Giovanni Sommi, Luigi Prigione, Giancarlo
Spirolazzi, Pierino Maccagno e Renzo Perosino.
A dicembre, la Camera del lavoro di Asti organizza, nell’intera provincia, circa 7.500 lavoratori, per la
maggior parte concentrati in città.
L’unico sindacato di categoria costituito è la Fiom, il più importante e numeroso, con 2.600 iscritti su
3.540 operai metallurgici. Le altre strutture “verticali” non esistono se non nominalmente, come pura
divisione degli iscritti in base al settore d’impiego. Le altre categorie sindacali nasceranno l’anno dopo.
I risultati delle prime votazioni nei luoghi di lavoro per la selezione delle Commissioni Interne segnano
una schiacciante vittoria dei comunisti, che si affermano in tutte le maggiori aziende.
In questi primi anni, la Camera del lavoro, più che contrattare, deve mediare tra autorità, lavoratori,
partigiani, reduci. Gli incontri col Prefetto sono quasi all’ordine del giorno.
Cosa si chiede? Rivendicazioni economiche, innanzitutto, ma anche obiettivi dall’indubbio significato
“politico”: ammissione di un rappresentante operaio in ogni ente economico, generi di abbigliamento,
formazione di cooperative, scorte di legna, lotta al rincaro dei prezzi, aumento dei salari, trattamento
economico delle donne in gravidanza.Le prime difficoltà
Presto emergono le prime difficoltà: nel conciliare il ruolo delle C.I. (difesa dei lavoratori) con quello che
il sindacato, a causa della centralità assegnata alla ricostruzione, avoca a sé soltanto (aumento dei salari e
contratti) e nella gestione dei rapporti fra le diverse correnti del sindacato.
Un accordo provinciale nell’estate del 1945 stabilisce che sono nulle le pattuizioni dirette fra padroni e
operai, e che ogni accordo potrà essere fatto solo dalle rappresentanze provinciali.
La contrattazione aziendale in realtà non è soffocata, ma procede sottotraccia, per acconti ed elargizioni
unilaterali dei padroni, che potranno essere revocate.
La Camera del Lavoro, nel periodo 1945-48, conosce una crescita considerevole, anche se il dato
organizzativo non sempre trova riscontro nella capacità e nella possibilità di incidere a livello locale.
La struttura camerale arriva alla fine del 1946 a 10.115 iscritti, per giungere all’assise provinciale con
10.751 iscritti. La crescita non si arresta e si giunge alla fine del 1947 a quota 15.386.
Nel 1948 inizia una lunga discesa, la cui consistenza non può essere esclusivamente imputata alla
scissione sindacale, che porterà già nel 1949 a livelli minimi di tesseramento, con circa 7.700 iscritti.
Cause dell’insoddisfazione degli operai sono senz’altro la scarsa sensibilità e rispondenza del sindacato
alle richieste riguardanti le condizioni di lavoro e il salario all’interno delle fabbriche.
Nell’estate del ’46 si registrano scioperi spontanei, che colgono di sorpresa il sindacato, costretto poi a
“cavalcarli”, fino allo sciopero generale ed alla manifestazione del 19 luglio.La stagione dei Congressi
Si tiene il primo Congresso provinciale unitario il 26-27 Aprile del 1947, in vista di quello nazionale di
Firenze. Concluse le assemblee pre-congressuali, i comunisti astigiani registrano un forte radicamento tra
i lavoratori. Ottengono 5.354 voti su 7.376, e giungono così, al congresso della Camera del lavoro con il
73% dei consensi (nonostante ciò la direzione del sindacato è paritetica).
Ma il “vento del nord” ormai si affievolisce; negli Stati Uniti d’America fa testo la “Dottrina Truman” sul
contenimento dell’espansione sovietica, arriva il Piano Marshall, in Italia si diffonde l’associazionismo di
ispirazione cattolica (Acli e Coldiretti), le crepe nel sindacato unitario di allargano, fino alla scissione.
Il Congresso non registra frizioni particolari, ma la situazione generale presto peggiora.
Le agitazioni sono quotidiane, come gli attacchi ai diritti dei lavoratori e i licenziamenti, soprattutto dopo
le prime elezioni repubblicane, del 18 Aprile del 1948.
Nel luglio dello stesso anno subisce un attentato il leader comunista Palmiro Togliatti.
Le fabbriche vengono occupate, la tensione sale alle stelle, gli operai sfogano la rabbia e la frustrazione
accumulate negli ultimi anni. La repressione delle forze dell’ordine è durissima.
Il moto popolare di questi giorni chiude per quasi un ventennio la partita, con la sconfitta drammatica del
movimento operaio e di ogni speranza di cambiamento.La rottura dell’unità sindacale
I fatti di luglio determinano l’irreparabile rottura dell’unità sindacale.
Tra la fine di agosto ed i primi di settembre inizia la costruzione dei “liberi sindacati” (Lcgil).
Nell’estate del 1949 si consuma una nuova scissione all’interno della Cgil: le componenti repubblicana e
socialdemocratica lasciano definitivamente il sindacato unitario e danno vita, il 4 giugno, alla Fil.
Il panorama sindacale italiano si “perfezionerà” l’anno successivo. Nel 1950, dalla fusione di Lcgil e Fil
nascerà la Cisl, mentre una parte della Fil, contraria all’ingresso in quello che era, evidentemente, un
sindacato confessionale, si unirà ai seguaci di Romita, espulsi dalla Cgil, dando vita alla Uil.
Ad Asti la grande maggioranza, aderente alla corrente comunista, rimane in CGIL.I difficili anni ‘50
Gli anni che seguono sono difficili: licenziamenti e repressione segnano la cronaca, mentre le lotte sono
rese più difficili dalla divisione sindacale.
In seguito alla scissione, i padroni rifiutano di fare la trattenuta sindacale, e nascono i ‘collettori’, delegati
a raccogliere le quote di associazione al sindacato.
I collettori sindacali, nel maggio 1949, nel comparto metalmeccanico, raggiungono il numero di 246
attivisti, dislocati negli stabilimenti maggiori: 200 alla Way Assauto, 15 alle Ferriere Ercole, 9 alla
Maina, 8 alla Morando, 4 alla Fiap e altri 10 sparsi in aziende minori.
La loro attività, però, risulta essere assai limitata.
In generale, la militanza si riduce e così il numero degli iscritti:In questo contesto si tiene il secondo Congresso della CdL il 4 settembre del 1949, presso il Circolo
aziendale Vetreria.
Il congresso, dopo i ringraziamenti a Ballario, dimissionario, elegge il nuovo Comitato esecutivo
camerale. Risultano eletti, come membri effettivi: Giovanni Vogliolo, Giovanni Ballario, Secondo
Amerio, Giovanni Audano, Dario Ardissone, Olga Marchisio, Francesco Salasco, Secondo Saracco,
Giovanni Briola, Giuseppe Carosso e Alfredo Corsini.
Giovanni Vogliolo e Alfredo Corsini sono eletti delegati al congresso nazionale della CGIL.
Il 5 settembre, il nuovo Esecutivo elegge all’unanimità Giovanni Vogliolo segretario responsabile
della Cdl di Asti e provincia.
Pochi mesi dopo nasce il “Piano del Lavoro” della CGIL, che impegnerà anche il gruppo dirigente
astigiano del sindacato.
Gli anni 50 segnano la sconfitta e l’arretramento del movimento sindacale, ad Asti come negli altri
centri della provincia; a Canelli si distinguono le aziende vinicole Gancia e Riccadonna.
Ritorsioni e intimidazioni verso i lavoratori si susseguono in tutte le fabbriche, dove le condizioni di
lavoro sono spesso durissime, come testimonia il numero degli infortuni. Ad Asti si è passati dai 1.912
incidenti sul lavoro del 1953 ai 2.129 nel 1954, con una media di 7 infortuni al giorno.
In fabbrica, intanto, l’operaio qualificato cede il passo all’operaio-massa, alla catena di montaggio.
Tutto cambia, ma il sindacato persegue sempre una linea di forte centralizzazione contrattuale, sorda
alle specificità aziendali.
Il 1955 rappresenta per il movimento operaio e sindacale italiano l’anno più nero. A marzo, nelle elezioni
per il rinnovo delle Commissioni interne alla Fiat, la CGIL conosce un drammatico crollo dei consensi.
Con la profonda autocritica del segretario generale Giuseppe Di Vittorio inizia un processo di
articolazione delle vertenze per azienda, territorio e settore che si compirà del tutto solo all’inizio
degli anni ’60, con la ripresa delle lotte nel pieno del boom economico.
Ad Asti, la CGIL rimarrà, per tutti gli anni Cinquanta, largamente maggioritaria.
Alcune realtà aziendali, come ad esempio le Ferriere Ercole, vedranno un progressivo ritiro dei
consensi alla CGIL, ma sarà un fenomeno lento e non immediato.
In queste condizioni si svolgerà il terzo Congresso della CdL di Asti, l’11 e 12 ottobre del 1952, al
Circolo Remo Dovano della W. Assauto.
Si rileva come l’industria attraversa una fase critica, e si sia assistito, tra il 1950 ed il 1952, alla
chiusura della Saffa, che impiegava circa 500 operai chimici, della Omedè, con circa 200 operaie
tessili e ad uno stillicidio di licenziamenti nelle piccole e medie aziende della città (Saracco, Cometa,
Prina, Oma) e della provincia (Gancia e Bosca a Canelli, Cora a Costigliole) .
Il Congresso propone un piano di rilancio dell’economia e dell’occupazione della provincia, e si
conclude con l’elezione del nuovo Comitato esecutivo, che risulta così composto: Scarpone, Amerio,
Carosso, Fresia, Marchisio, Milani, Novo, Bianco, Giannino, Rosina, Ruffa, Saracco, Savina,
Valente e Viola.
I delegati al congresso nazionale della CGIL sono Scarpone, Novo, Milani ed Amerio
Alcuni giorni dopo, il nuovo Esecutivo elegge la Segreteria, che risulta composta da Paolo Scarpone,
nuovo segretario responsabile, Secondo Amerio, Giuseppe Milani, Giovanni Novo e Luigi Viola.La svolta
Il Congresso successivo, il quarto, è quello dell’autocritica e della scelta, anche ad Asti, della
contrattazione articolata, e si svolge il 27 novembre del 1955.
Già all’inizio ‘59, alla Way Assauto, alla Morando e alla Maina, CGIL e CISL avanzano, unitariamente,
alcune rivendicazioni che indicano il cambiamento di clima.
L’epoca della “resistenza”, delle lotte di difesa, sembra superata.
Ora si chiedono aumenti salariali ma anche riduzione dell’orario di lavoro e nuove assunzioni.
Si riprende l’unità di azione fra i sindacati.
Centrali saranno la vertenza della Way Assauto (che si intreccia con il rinnovo del CCNL), poi quella
della Morando, e molte altre, fino allo sciopero generale di categoria del 16 aprile.
Alla fine la dirigenza Way Assauto cede, e si trova l’accordo coi lavoratori.
Seguiranno le vertenze della Vetreria e della Sisa, durissima quest’ultima.
Il quinto Congresso della CdL si svolge in questo nuovo clima, dal 25 al 27 Marzo del 1960.
Si ribadisce la linea della contrattazione articolata.
Nel nuovo gruppo dirigente sono eletti: Secondo Amerio, Secondo Saracco, Giuseppe Milani, Luigi
Viola, Giovanni Vogliolo, Secondo Norlasso, Olga Marchisio, Antonio Rosina, Aldo Ruffa, Luigi
Prigione, Piero Savina, Emilio Gaboli, Dante Raviola, Secondo Cossetta, Giuseppe Mazzarello,
Piero Follo, Luigi Zunino, Luigi Rustichelli e Renato Mori.
Il nuovo Direttivo, che si riunisce nei giorni seguenti, conferma Amerio segretario della Cdl ed
elegge la nuova Segreteria, che risulta composta da Giuseppe Milani, Piero Savina, Luigi Viola e
Giovanni Vogliolo.Gli anni del ‘miracolo’ e la ripresa delle lotte
Gli anni ’60 sono quelli del miracolo economico.
Asti, pur accelerando la propria industrializzazione, ne resta abbastanza ai margini.
Gli addetti all’agricoltura sono ancora metà degli occupati, anche se il settore è in riduzione, il livello
salariale nelle aziende è all’ultimo posto in Piemonte, 5000 pendolari vanno ogni giorno a Torino.
Le lotte più importanti sono quelle del 1962, che segnano uno spartiacque col passato, e avvengono
in fabbriche di medie dimensioni, che avevano conosciuto un sensibile sviluppo nel corso degli anni
Cinquanta. Fabbriche che in passato non erano state in prima linea nello scontro con il padronato.
In particolare alla Fornace di Castell’Alfero, alla Fava & Scarzella e alla Saclà.
Lotte importanti, che aprono le porte alla grande ripresa del movimento sindacale e alla stagione
‘magica’ della fine del decennio, “l’autunno caldo”.(Largamente tratto dalla pubblicazione di Walter Gonella, “Un sindacato una città”, pubblicato nel 2006 a
cura di ISRAT, Asti).Tesseramento
la presente delega va compilata, firmata e consegnata alla categoria di appartenenza
PERCHE’ ISCRIVERSI
Come vedi, non mettiamo il punto interrogativo. Perché siamo convinti che iscriversi sia la scelta giusta per chiunque abbia a cuore la democrazia e la dignità della persona. Sì, della persona prima ancora che della lavoratrice o del lavoratore, della pensionata o del pensionato; perché la Cgil è un soggetto di rappresentanza generale, non solo del mondo del lavoro comunemente inteso. Dunque, anche di quanti il lavoro lo cercano o che hanno attività non tipicamente classificabili di dipendenza lavorativa. La vera domanda a cui dare una risposta è: il mondo del lavoro, nel suo complesso, starebbe meglio o peggio senza il sindacato? Senza la Cgil? Siamo consapevoli di quanto sia difficile, soprattutto per le nuove generazioni che non hanno esperienze lavorative o che operano in realtà in cui il sindacato, per varie ragioni, non è presente, addirittura conoscere le attività che esso svolge in favore delle tutele dei diritti delle persone. Molti possono pensare che esso sia finanziato dalle istituzioni; che esiste perché è una specie di organizzazione ‘parastatale’. Che nei suoi uffici operino dipendenti pagati dallo stato, visto che buona parte dei servizi forniti sono svolti in sostituzione o comunque ad integrazione di quelli pubblici. Niente di tutto questo: in realtà il sindacato sei tu. La Cgil sei tu. Senza il tuo contributo non esisterebbe. I contratti collettivi nazionali di lavoro, la contrattazione nel posto di lavoro e nel territorio, i servizi di tutela delle persone; la presenza nel territorio dove la Cgil è punto di riferimento, le tantissime iniziative nazionali e locali. Il protagonismo e la valorizzazione del mondo del lavoro e di chi il lavoro lo cerca, le mobilitazioni per un fisco più giusto e per leggi più avanzate in tema di mercato e rapporto di lavoro. Le lotte per una sanità diffusa e di qualità, per la legalità, per uno stato sociale finalizzato ad una sempre più forte coesione sociale. Sono soltanto alcune delle cose che cerchiamo di fare nel miglior modo possibile. Senza il tuo contributo, senza la tua iscrizione e di quanti hanno fatto e fanno questa scelta, senza la forza e la determinazione che ne derivano, tutta questa attività sarebbe impossibile. E questo avrebbe come conseguenza un risultato disastroso: ognuno sarebbe più solo, i diritti arretrerebbero fino ad essere ritenuti una concessione che si può negare in qualsiasi momento. La stessa legislazione sul lavoro deriva molto dalla forza che il sindacato può mettere in campo. Una Cgil più forte e rappresentativa, rende più forte te. Non siamo tra coloro che promettono di risolvere tutti i problemi, ma con te e con quanti intendano iscriversi facciamo un patto: noi proveremo sempre, fino in fondo, a rendere più giusta, più equa e più coesa la società in cui viviamo e a fare del lavoro lo strumento fondamentale per la libertà delle persone.
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